di Agostino Spataro
Oggi, ad Agrigento, molti begano per ottenere nomine e consulenze nei posti di comando o posti di lavoro nel sistema dei beni culturali e della Valle dei Templi. Altri corrono a prenotarsi un posto nella gloria profittando di una nuova, singolare gestione della toponomastica che sembra usata per dare un contentino a questo e a quello. Negli ultimi anni, sono entrati nella lista taluni personaggi che figurano nell’inchiesta Martuscelli e fra il notabilato politico che avallò lo scempio della città di Agrigento.
La gente non capisce (o forse capisce molto bene!) il senso di tale “continuità”, doviziosamente lottizzata fra correnti e gruppi d’appoggio, che di fatto esalta l’abuso e le complicità che lo hanno favorito.
Ieri, quando questo patrimonio era in serio pericolo, si era in pochi a difenderlo dagli eventi naturali e dagli assalti della speculazione edilizia e delle aree fabbricabili arrivata fin dentro la Valle, con la complicità di generazioni di amministratori e notabili democristiani e loro alleati di turno.
La frana del 1966 scoperchiò una realtà sconvolgente, disastrosa. I principali responsabili del “sacco di Agrigento” (documentato da lucide inchieste ministeriali e regionali e della stampa nazionale e internazionale), invece di andarsi a nascondere, passarono al contrattacco e misero a soqquadro la città, ordinando l’assalto, la devastazione degli uffici del Genio civile.
In quel drammatico frangente, sul piano politico, solo il PCI, agrigentino e nazionale, (altre voci non si udirono) si contrappose, coraggiosamente, (poiché oltre alle ragioni, ci voleva anche coraggio politico e personale) alle ruspe degli speculatori e alla demagogia dei suoi capi, anche professionisti di grido, i quali giunsero a minacciare di far saltare i templi con la dinamite.
Non a caso, unitamente ai dirigenti della Soprintendenza, chiedemmo la vigilanza armata, la”scorta” ai monumenti. Infatti, per un certo periodo, la polizia di Stato vigilò sui Templi dorici di Agrigento. A questo si giunse!
Poi vennero altre frane e altri pericoli, i processi e le assoluzioni per scadenza dei termini, ecc.
Un periodo critico, denso di contraddizioni, di omissioni, di becere complicità, sul quale sarebbe interessante raccogliere un pò di carte, di testimonianze, per costruire una memoria da trasmettere alle nuove generazioni e alle commissioni per la toponomastica e che sia di monito a dirigenti e amministratori cui sono affidate le sorti del nostro, inestimabile patrimonio.
Personalmente, farò del mio meglio per documentare l’impegno del PCI ai diversi livelli che- com’è noto- non si fermò alla denuncia, ma fu propositivo e portatore di riforme.
Fra le quali, ricordo la famosa legge regionale n. 80 del 1977, (istituzione della soprintendenza unica) nata come proposta ad Agrigento a conclusione di un qualificato convegno nazionale interdisciplinare che qui tenemmo a seguito della frana del 1976 che interessò il costone orientale del tempio di Giunone.
Per inciso aggiungo che, in breve tempo, riuscimmo a ottenere dal governo nazionale i finanziamenti necessari per intervenire sulla frana e salvare il tempio.
Oggi, vediamo la Cattedrale ancora pericolosamente in bilico fra le chiacchiere e le malferme balze argillose su cui riposa.
Concludo dicendo che i Templi bisogna difenderli sempre e da ogni pericolo, da ogni interferenza, anche da quella- a mio avviso- molto discutibile costituita dalla statua di Igor Mitoraj collocata davanti al tempio della Concordia.
Quest’opera avrà i suoi pregi e poteva essere esposta per un certo periodo, ma non può convivere in eterna simbiosi con i Templi perché é un corpo estraneo.
Se poi qualcuno ci tiene a mantenerla, magari in omaggio alla potenza espressiva o suggestiva dei suoi attributi virili, che almeno la si sposti in un sito appartato affinché non interferisca con l’armonia e con la bellezza dei Monumenti greci.